Il Requiem Tedesco (Ein Deutsches Requiem) è considerato, fin dalla sua prima esecuzione pubblica nel 1866, uno dei grandi capolavori di Johannes Brahms, se non anche uno dei massimi lavori della musica corale in assoluto.
Un brano monumentale di straordinaria difficoltà ed impegno per gli esecutori e forse per questo non è frequente il suo ascolto. E’ stata quindi una fortuna avere la possibilità di ascoltarlo venerdì sera, 10 aprile, inserito nella programmazione del Micat in Vertice dell’Accademia Chigiana di Siena, nella versione con l’accompagnamento per pianoforte a quattro mani.
Protagonista assoluto della serata è stato il Coro Harmonia Cantata sotto la direzione di Raffaele Puccianti.
Una brillante prova quella offerta dal coro fiorentino, che ha affrontato ogni numero del Requiem dimostrando una capacità esecutiva e interpretativa rara. Puccianti e il suo coro hanno infatti saputo cogliere alla perfezione il valore di ognuno dei sette numeri del brano, trovando in tutti i giusti accenti e le giuste dinamiche con attenzione pedissequa al testo cantato. Il brano si è così svolto in assoluta coerenza con una perfetta unione di intenti tra il coro e i due eccellenti solisti protagonisti della serata, il baritono Gabriele Spina e il soprano Giulia Tamarri. Spina è apparso perfettamente a suo agio nei due interventi del baritono, mostrando, oltre ad ottime qualità nel canto, un’assoluta padronanza del brano che lo ha reso interprete perfetto della parte. Di Giulia Tamarri ricorderemo un’ottima efficacia comunicativa ed espressiva nella splendida aria riservata al soprano.
Non possiamo certo dimenticare la prova maiuscola dei due pianisti Andrea Secchi e Beatrice Bartoli. A loro è spettato l’arduo compito, eseguito ottimamente, di “sostituire” la scrittura orchestrale brahmsiana con la versione per pianoforte a quattro mani, comunque dell’autore.
Resta, al termine dell’esecuzione, la soddisfazione nell’essere stati spettatori di una pregevole produzione tutta italiana di uno dei massimi capolavori del romanticismo tedesco, a dimostrazione, se mai ce ne fosse il bisogno, che nel nostro paese è ancora possibile fare ottima musica.
Il concerto era stato aperto dall’esecuzione del mottetto “Selig sind die toten” di Schutz con protagonista una formazione ridotta del coro.
Per tutti gli interpreti applausi calorosi e convinti da parte di un pubblico numeroso e attento, per una serata da ricordare.
ss
s
s
s