Prima le gelate primaverili, poi il gran caldo e la siccità, intervallata in alcune zone da violente grandinate. Quella che sta per chiudersi è stata un’annata sicuramente molto complicata e difficile in tutta Italia. Una situazione che quest’anno più che mai ha riportato al centro dell’attenzione il tema legato ai cambiamenti climatici, in particolare l’ormai costante innalzamento delle temperature medie e dei picchi.
All’interno di un quadro complessivo deficitario in termini quantitativi, c’è però una costante che questa annata più di altre sta facendo emergere con forza: i vitigni autoctoni sanno adattarsi meglio ai cambiamenti climatici. Ed è anche il fil rouge che lega le testimonianze di importanti studiosi del panorama vitivinicolo italiano, come Attilio Scienza e Donato Lanati.
Autochtona, il Forum nazionale dei vini autoctoni, giunta alla sua quattordicesima edizione, si svolgerà come ogni anno all’interno di Fiera Bolzano il 16 e 17 ottobre in concomitanza con Hotel, la fiera dedicata al settore dell’hotellerie e della ristorazione. Sarà l’occasione ideale per parlare di questi temi e degustare un ventaglio rappresentativo di vini prodotti da vitigni autoctoni, varietà spesso uniche, legate a singoli e piccoli areali, custodite dal lavoro quotidiano di vignaioli che hanno deciso di essere testimoni in prima persona di questo grande patrimonio di biodiversità.
Ad Autochtona 2017 la Toscana sarà rappresentata da Mannucci Droandi, Tenuta Lupinari, Querce Bettina, Sator e Fattoria Casabianca. Tra i vitigni autoctoni, oltre al Sangiovese Grosso, saranno presentati attraverso le varie etichette il Pugnitello, la Foglia Tonda Toscana, il Ciliegiolo e il Canaiolo.
“I vitigni autoctoni stanno reagendo sicuramente meglio rispetto al resto delle varietà presenti nel nostro Paese” afferma Attilio Scienza, uno dei più importanti studiosi di viticoltura a livello internazionale. Secondo il professore dell’Università Statale di Milano “i vitigni autoctoni sono frutto di un ciclo di selezione di alcune migliaia di anni, attraversano fasi climatiche estreme e per questo hanno accumulato nel loro DNA, per effetto di incroci spontanei e mutazioni, dei tratti genetici che consentono loro di superare condizioni climatiche davvero difficili. Questi geni sono però conservati al loro interno senza aver mai avuto la possibilità di esprimersi, possibilità che è resa fattibile solo dall’incrocio con i processi di ricombinazione e con la successiva selezione. Rappresentano solo una punta dell’iceberg, sotto nascondono un Dna molto più complesso che si adatta ai cambiamenti climatici. Hanno, quindi, ancora molto da dare e da dirci”.
Sulla stessa linea anche il pensiero di un’altra grande personalità dell’enologia italiana e internazionale: Donato Lanati. “Gli autoctoni selezionati, cresciuti in zone vocate, sono quelli che reagiscono meglio alle mutate condizioni climatiche” conferma lo studioso che si è conquistato negli anni la fama di “enologo scienziato” grazie al suo centro di ricerca Enosis Meraviglia in Piemonte. Secondo Lanati, basta osservare anche il comportamento di alcuni vitigni autoctoni proprio quest’anno: “Nel nord-ovest il vitigno che ha sofferto di meno è il Nebbiolo, sia nelle Langhe che nell’Alto Piemonte. Spostandoci in Toscana stessa situazione con il Sangiovese che si sta comportando bene, ancor meglio nelle sue zone di maggiore vocazione come a Montalcino o in Val d’Orcia”. E il ricercatore piemontese si aspetta molto anche da una regione del Sud Italia che ama particolarmente e conosce molto bene come la Calabria: “Mi attendo molto quest’anno, chiaramente non in termini quantitativi, ma di qualità: in questa regione, grazie al grande lavoro di recupero dei vitigni più storici, è stata ritrovata un’attenzione e una cura agronomica che li ha restituiti alle loro zone più tradizionali e a più grande vocazione vitivinicola”.
Informazioni su www.autochtona.it
LS